Salve a tutti e benvenuti
nell’Internetturbino: il blog invitante come una degustazione di urinocoltura.
A costo di apparire molesto e fastidioso come
quelli che sono sempre in viaggio e non vedono l’ora di vantarsene con gli
amici (quando, invece, provo nostalgia di casa appena esco sul balcone o mi
tolgo il pigiama), ecco una nuovo doppio (o forse triplo, chissà), post
dedicato ad un recente viaggio a Bologna (l’ultimo viaggio, a Matera, lo
trovate qui e qui).
Tempo di lettura: circa 13 minuti
Preparativi (che non t’aspetti) e Partenza
Per quanto mi riguarda, il primo,
grande, trauma, quando viaggio, consiste nel preparare la valigia.
Cosa portare
e, soprattutto, in che quantità?
Sacrificate qualche paio di
mutande per fare posto a quel libro che, dopo aver passato mesi sullo scaffale
a prendere così tanta polvere da sembrare un barboncino, sperate finalmente di riuscire
a leggere?
Verrete puntualmente colti da un
attacco di dissenteria fulminante (magari mentre siete chiusi in ascensore).
Sacrificate gli asciugamani (che
tanto troverete nel B&B che avete prenotato), per far posto ad un paio di
magliette in più?
Vi ritroverete, pur di
asciugarvi, a rotolarvi in una lercia moquette del soggiorno a rischio di contrarre la
peste bubbonica e la salmonellosi.
Insomma, ci siamo capiti: prendersi
delle libertà nella preparazione della valigia, è un enorme azzardo… un
pò come giocare a Risiko con Kim Jong Un:
Attacco con tre dadi!
E io rispondo con tre missili (nucleari)
Personalmente, vado in crisi soprattutto
con i liquidi da imbarcare in volo (cerca i flaconcini adatti, ravana in giro
per trovare una busta trasparente idonea, eccetera, eccetera…).
Tanto, a meno
di non fare un weekend su Plutone, qualche negozio sul posto per comprare il
minimo indispensabile per mantenere una dignitosa igiene personale lo si trova
sempre, no?
Certo, salvo poi finire puntualmente
per elemosinare salviette e dentifricio ai compagni di viaggio…
Questa volta, però, stanco
dell’accattonaggio, il giorno prima della partenza ho deciso di perlustrare il bagno di casa alla ricerca di
un’ispirazione… che, sorprendentemente, è arrivata.
Le micro saponette degli hotel:
solide e poco ingombranti (e quindi adatte ad un viaggio in aereo).
Poi, però, mi è sorto un dubbio:
ne avrei trovate qualcuna dopo così tanto tempo?
Soprattutto, tenendo contro
che non soggiorno in albergo (saccheggiandone i bagni), da tempo immemore.
Timori infondati: non ho trovato
qualche saponetta, ne ho trovate una marea.
Vista l’età media delle saponette
(misurabile in ere geologiche), mi sono chiesto se queste abbiano una data di scadenza, o meno... ma, alla fine, ho resistito alla tentazione di
cercare la risposta a questa domanda esistenziale su Yahoo Answers e ne ho schiaffata una a caso in valigia.
Ad un’altra tentazione, però, non
ho saputo resistere: cercare in rete il nome dell’albergo scritto sulla confezione
della saponetta. Leggendoli, infatti, mi sono accorto di non averne il minimo
ricordo (il che, escludendo un preoccupante caso di Alzheimer giovanile, può
spostare notevolmente indietro nel tempo il mio soggiorno in quell’hotel,
stimolando il mio interessa scientifico da storico).
Mentre mi accingevo a fare le mie
ricerche su internet, mi è venuto il curioso (quanto inquietante) pensiero
riguardo il fatto che, all’epoca di produzione di quella saponetta,
probabilmente il web come lo intendiamo noi ancora non esisteva… inoltre, l’hotel
in questione avrebbe potuto benissimo essere chiuso travolto dalla crisi
economica o dal proliferare di B&B.
Dunque, vediamo un po'... si tratta dell’Hotel
Sofitel:
Porca miseria: è una catena di alberghi di lusso a 4 e 5 stelle con
hotel a Dubai, Parigi, New York, Amsterdam, Londra, Marrakech, Bangkok e Bali.
Prendendo una sede a caso, Parigi, ho scoperto che la camera più “pezzente” costa
qualcosa come 350€ a notte (in alta stagione).
No, penso di non esserci mai stato… decisamente
Ehi! Stai a vedere che qualcuno in famiglia si è dato, di nascosto, al lusso sfrenato!
Vabbè.
Risolto l’annoso problema delle
saponette, il resto è stato uno scherzo… se non fosse stato per qualche
briciolo di follia sul volo per Bologna.
Si sa: chiunque sull’autobus, sul
treno ed in aereo, spera di avere il posto affianco a sé libero per potersi
mettere più comodo (o semplicemente per piazzarci il giubbotto e farsi odiare
da tutti i viaggiatori presenti), lo capisco, per carità…
Non capisco, però, perché quando
mi sono avvicinato alla mia fila, il signore seduto (che indossava una giacca
di velluto quando è noto che sui voli Ryanair ci sono circa 40° ed un’umidità
del 95%), mi ha guardato e mi ha chiesto “Fila E?”.
Avrei tanto voluto rispondergli qualcosa del tipo: “No, il mio posto è
dall’altro lato dell’aereo… è solo che sono rimasto incantato dai suoi occhi
nocciola e dalla sua giacca che sprizza anni ’80 da ogni pelucco e speravo di
attaccare bottone per farmi dare il suo numero di telefono”, ma alla fine ho
desistito perché non era il mio tipo.
Sui voli in partenza dal sud Italia (mi duole ammetterlo), è
consuetudine fare uno scrosciante applauso al pilota al termine del viaggio.
Sono d’accordo con voi: è
un’usanza piuttosto scema (anche perché nessuno fa la standing ovation
all’autista del bus), ma va anche detto che la musichetta trionfante sparata in
filodiffusione sui voli Ryanair dopo l’atterraggio non aiuta certo a superare
questa tara culturale…
Questa volta, però, penso di aver
assistito ad un nuovo record: l’applauso al decollo.
Suppongo perché il pilota non abbia
fatto spegnere il motore come il più incapace dei neopatentati...
Ci sono i vetri appannati, affacciati e dai uno sguardo in giro!
Altro momento clou è stato quando
una delle hostess, dopo aver provato a vendere ai passeggeri anche suo nonno,
ha detto qualcosa del tipo: “Signore e signori, ecco il momento più
entusiasmante del volo…”
Acrobazie aeree?
Sesso orale in cabina
con le hostess?
Annuncio
dell’acquisizione di Alitalia da parte di Ryanair?
No, niente di tutto questo: si
trattava semplicemente della vendita dei biglietti della lotteria…
Stranamente, non è stato questo
il momento più eccitante del volo che, invece, va di diritto al vuoto d’aria
assassino che ha fatto infartare metà dei passeggeri ed alla folata di vento in
fase di atterraggio che ha costretto i superstiti ad un repentino cambio di
biancheria intima.
Casa
Sopravvissuti ai vuoti d’aria ed
alle folate di vento birichine, non restava che raggiungere la casa presa in affitto dove ci aspettava un’amica della
proprietaria…
Peccato solo che il sottoscritto, più che un senso dell’orientamento, abbia un orientamento che fa
senso.... ed un navigatore sul cellulare che, per gli spostamenti a piedi, è
pratico come un buco di c**o sul gomito.
Nonostante questi gravissimi
problemi, sono riuscito (con pochi minuti di ritardo rispetto al previsto,
ma con una quantità allarmante di bestemmioni), a condurre gli allegri membri
della comitiva a casa.
La ricompensa per questa erculea
impresa?
Quattro piani a piedi senza ascensore
Sopravvissuti alla scalata,
abbiamo fatto la conoscenza della facente funzioni di padrona di casa ed
abbiamo approfittato della sua disponibilità per chiederle indicazioni utili a
soddisfare i nostri più impellenti bisogni (cibo).
Purtroppo, alla domanda “C’è un
posto nelle vicinanze per mangiare”, mi sono sentito rispondere qualcosa del
tipo “C’è un ristorante giapponese qui vicino, per il resto non so… non mangio
nei ristoranti italiani”.
E certo.
Chi non fa un viaggio a Bologna
per assaggiare la tipica cucina giapponese?
Ma vi parlerò della mia
esperienza con la cucina locale in un prossimo post.
Salutata la fan sfegatata del
sushi, è giunto il momento di dare uno sguardo alla
casa.
A causa del profondo trauma
subito ad Amsterdam (qui) a causa di quel
deretano spudoratamente spacciato come casa su Booking, ammetto che avevo una leggerissima apprensione
in merito…
… possiamo anche dire
un terrore cieco.
Invece, tutto sommato, a questo
giro è andata benone… ma, ovviamente, non sono mancati gli spunti di
riflessione.
La casa era (e, a meno di una
ritinteggiata dell’ultima ora, lo è ancora), decisamente colorata.
Già posso sentire i più
rompiballe alle lettura lamentarsi, dicendo robe del tipo: “Ma un po’ di colore
non ha mai ucciso nessuno!”.
Certo… un po’.
Ma, in questo caso, è stato come
ritrovarsi nel sogno proibito di un cromoterapista daltonico amante degli accostamenti arditi:
Stanze da letto color
lavanda e indaco, soggiorno arancione, ingresso rosso, cucina multicolore…
Niente di problematico,
ovviamente… soprattutto in confronto dell’enorme collezione di statuette e
suppellettili a forma di rana che impreziosivano la casa:
Rane... rane ovunque
Procedendo in ordine crescente in
questo breve viaggio verso il disagio domestico, devo necessariamente parlarvi del Guest Book
della casa.
Niente da dire: tutte recensioni
meravigliose e sinceri attestati di stima nei confronti della padrona di casa.
Peccato per quelle foto polaroid
che immortalavano molti degli ospiti… tutte dello stesso formato, come se
fossero state scattate da un'unica macchina fotografica… quella della padrona
di casa?
Un pelino inquietante...
L’abitazione, inoltre, non dava
l’impressione di essere usata unicamente come casa da affittare, quanto quella di essere usata regolarmente dalla padrona di casa.
Impossibile, a quel punto, non
dare una leggera sbirciata in giro… che ha rivelato la presenza di una collezione
di pantofole di tutto rispetto.
Come una folgorazione, i tasselli
del puzzle sono andati tutti al loro posto: presumibilmente, la padrona di casa
è una serial killer che scatta fotografie ai suoi ospiti, poi li uccide e ne
occulta i corpi, conservando però le loro pantofole come perverso feticcio.
Forse mi sono fatto trasportare
un po’ dall’immaginazione.
In conclusione, però, non è stata
questa la cosa più inquietante vista in casa.
Volete sapere qual è?
Siete sicuri?
Davvero sicuri?
Va bene:
L'incubo di ogni architetto di interni...
Andiamo, non fate quella faccia! Chi non usa i vecchi libri per
pareggiare le gambe del tavolo?
È più o meno la stessa cosa, no?
Siamo di fronte ad una sottile critica ad un’editoria che,
sottomessa alle leggi di mercato, sacrifica la qualità sull’altare delle
vendite e che, quindi, è degna soltanto di essere fruita in bagno… o ci
troviamo, piuttosto, davanti a libri portanti la cui rimozione provocherebbe il
crollo dell’intero edifico?
Ai posteri l’ardua sentenza.
È tutto per oggi, alla prossima!
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