venerdì 5 maggio 2017

Chiacchiere da bar - Viaggio a Bologna (prima parte)



Salve a tutti e benvenuti nell’Internetturbino: il blog invitante come una degustazione di urinocoltura.


A costo di apparire molesto e fastidioso come quelli che sono sempre in viaggio e non vedono l’ora di vantarsene con gli amici (quando, invece, provo nostalgia di casa appena esco sul balcone o mi tolgo il pigiama), ecco una nuovo doppio (o forse triplo, chissà), post dedicato ad un recente viaggio a Bologna (l’ultimo viaggio, a Matera, lo trovate qui e qui).


Tempo di lettura: circa 13 minuti


Preparativi (che non t’aspetti) e Partenza

Per quanto mi riguarda, il primo, grande, trauma, quando viaggio, consiste nel preparare la valigia. 
Cosa portare e, soprattutto, in che quantità? 
Sacrificate qualche paio di mutande per fare posto a quel libro che, dopo aver passato mesi sullo scaffale a prendere così tanta polvere da sembrare un barboncino, sperate finalmente di riuscire a leggere?
Verrete puntualmente colti da un attacco di dissenteria fulminante (magari mentre siete chiusi in ascensore). 
Sacrificate gli asciugamani (che tanto troverete nel B&B che avete prenotato), per far posto ad un paio di magliette in più?
Vi ritroverete, pur di asciugarvi, a rotolarvi in una lercia moquette del soggiorno a rischio di contrarre la peste bubbonica e la salmonellosi. 
Insomma, ci siamo capiti: prendersi delle libertà nella preparazione della valigia, è un enorme azzardo… un pò come giocare a Risiko con Kim Jong Un: 

 
Attacco con tre dadi!
E io rispondo con tre missili (nucleari)

Personalmente, vado in crisi soprattutto con i liquidi da imbarcare in volo (cerca i flaconcini adatti, ravana in giro per trovare una busta trasparente idonea, eccetera, eccetera…). 
Tanto, a meno di non fare un weekend su Plutone, qualche negozio sul posto per comprare il minimo indispensabile per mantenere una dignitosa igiene personale lo si trova sempre, no? 
Certo, salvo poi finire puntualmente per elemosinare salviette e dentifricio ai compagni di viaggio…
Questa volta, però, stanco dell’accattonaggio, il giorno prima della partenza ho deciso di perlustrare il bagno di casa alla ricerca di un’ispirazione… che, sorprendentemente, è arrivata. 
Le micro saponette degli hotel: solide e poco ingombranti (e quindi adatte ad un viaggio in aereo).
Poi, però, mi è sorto un dubbio: ne avrei trovate qualcuna dopo così tanto tempo?
Soprattutto, tenendo contro che non soggiorno in albergo (saccheggiandone i bagni), da tempo immemore.
Timori infondati: non ho trovato qualche saponetta, ne ho trovate una marea.
Vista l’età media delle saponette (misurabile in ere geologiche), mi sono chiesto se queste abbiano una data di scadenza, o meno... ma, alla fine, ho resistito alla tentazione di cercare la risposta a questa domanda esistenziale su Yahoo Answers e ne ho schiaffata una a caso in valigia. 
Ad un’altra tentazione, però, non ho saputo resistere: cercare in rete il nome dell’albergo scritto sulla confezione della saponetta. Leggendoli, infatti, mi sono accorto di non averne il minimo ricordo (il che, escludendo un preoccupante caso di Alzheimer giovanile, può spostare notevolmente indietro nel tempo il mio soggiorno in quell’hotel, stimolando il mio interessa scientifico da storico).
Mentre mi accingevo a fare le mie ricerche su internet, mi è venuto il curioso (quanto inquietante) pensiero riguardo il fatto che, all’epoca di produzione di quella saponetta, probabilmente il web come lo intendiamo noi ancora non esisteva… inoltre, l’hotel in questione avrebbe potuto benissimo essere chiuso travolto dalla crisi economica o dal proliferare di B&B. 
Dunque, vediamo un po'... si tratta dell’Hotel Sofitel:


Porca miseria: è una catena di alberghi di lusso a 4 e 5 stelle con hotel a Dubai, Parigi, New York, Amsterdam, Londra, Marrakech, Bangkok e Bali. 
Prendendo una sede a caso, Parigi, ho scoperto che la camera più “pezzente” costa qualcosa come 350€ a notte (in alta stagione).

 
No, penso di non esserci mai stato… decisamente

Ehi! Stai a vedere che  qualcuno in famiglia si è dato, di nascosto, al lusso sfrenato! 
Vabbè.
Risolto l’annoso problema delle saponette, il resto è stato uno scherzo… se non fosse stato per qualche briciolo di follia sul volo per Bologna.


Si sa: chiunque sull’autobus, sul treno ed in aereo, spera di avere il posto affianco a sé libero per potersi mettere più comodo (o semplicemente per piazzarci il giubbotto e farsi odiare da tutti i viaggiatori presenti), lo capisco, per carità…
Non capisco, però, perché quando mi sono avvicinato alla mia fila, il signore seduto (che indossava una giacca di velluto quando è noto che sui voli Ryanair ci sono circa 40° ed un’umidità del 95%), mi ha guardato e mi ha chiesto “Fila E?”.

 
Avrei tanto voluto rispondergli qualcosa del tipo: “No, il mio posto è dall’altro lato dell’aereo… è solo che sono rimasto incantato dai suoi occhi nocciola e dalla sua giacca che sprizza anni ’80 da ogni pelucco e speravo di attaccare bottone per farmi dare il suo numero di telefono”, ma alla fine ho desistito perché non era il mio tipo.

Sui voli in partenza dal sud Italia (mi duole ammetterlo), è consuetudine fare uno scrosciante applauso al pilota al termine del viaggio.
Sono d’accordo con voi: è un’usanza piuttosto scema (anche perché nessuno fa la standing ovation all’autista del bus), ma va anche detto che la musichetta trionfante sparata in filodiffusione sui voli Ryanair dopo l’atterraggio non aiuta certo a superare questa tara culturale… 
Questa volta, però, penso di aver assistito ad un nuovo record: l’applauso al decollo.
Suppongo perché il pilota non abbia fatto spegnere il motore come il più incapace dei neopatentati...

Ci sono i vetri appannati, affacciati e dai uno sguardo in giro!

Altro momento clou è stato quando una delle hostess, dopo aver provato a vendere ai passeggeri anche suo nonno, ha detto qualcosa del tipo: “Signore e signori, ecco il momento più entusiasmante del volo…”

Acrobazie aeree?
Sesso orale in cabina con le hostess? 
Annuncio dell’acquisizione di Alitalia da parte di Ryanair?

No, niente di tutto questo: si trattava semplicemente della vendita dei biglietti della lotteria…
Stranamente, non è stato questo il momento più eccitante del volo che, invece, va di diritto al vuoto d’aria assassino che ha fatto infartare metà dei passeggeri ed alla folata di vento in fase di atterraggio che ha costretto i superstiti ad un repentino cambio di biancheria intima.

Casa

Sopravvissuti ai vuoti d’aria ed alle folate di vento birichine, non restava che raggiungere la casa presa in affitto dove ci aspettava un’amica della proprietaria…
Peccato solo che il sottoscritto, più che un senso dell’orientamento, abbia un orientamento che fa senso.... ed un navigatore sul cellulare che, per gli spostamenti a piedi, è pratico come un buco di c**o sul gomito. 
Nonostante questi gravissimi problemi, sono riuscito (con pochi minuti di ritardo rispetto al previsto, ma con una quantità allarmante di bestemmioni), a condurre gli allegri membri della comitiva a casa.
La ricompensa per questa erculea impresa?

 
Quattro piani a piedi senza ascensore

Sopravvissuti alla scalata, abbiamo fatto la conoscenza della facente funzioni di padrona di casa ed abbiamo approfittato della sua disponibilità per chiederle indicazioni utili a soddisfare i nostri più impellenti bisogni (cibo). 
Purtroppo, alla domanda “C’è un posto nelle vicinanze per mangiare”, mi sono sentito rispondere qualcosa del tipo “C’è un ristorante giapponese qui vicino, per il resto non so… non mangio nei ristoranti italiani”.
E certo. 
Chi non fa un viaggio a Bologna per assaggiare la tipica cucina giapponese?
Ma vi parlerò della mia esperienza con la cucina locale in un prossimo post. 
Salutata la fan sfegatata del sushi, è  giunto il momento di dare uno sguardo alla casa.
A causa del profondo trauma subito ad Amsterdam (qui) a causa di quel deretano spudoratamente spacciato come casa su Booking, ammetto che avevo una leggerissima apprensione in merito…
 
 
… possiamo anche dire un terrore cieco. 

Invece, tutto sommato, a questo giro è andata benone… ma, ovviamente, non sono mancati gli spunti di riflessione.  
La casa era (e, a meno di una ritinteggiata dell’ultima ora, lo è ancora), decisamente colorata. 
Già posso sentire i più rompiballe alle lettura lamentarsi, dicendo robe del tipo: “Ma un po’ di colore non ha mai ucciso nessuno!”.
Certo… un po’. 
Ma, in questo caso, è stato come ritrovarsi nel sogno proibito di un cromoterapista daltonico amante degli accostamenti arditi:

Stanze da letto color lavanda e indaco, soggiorno arancione, ingresso rosso, cucina multicolore…

Niente di problematico, ovviamente… soprattutto in confronto dell’enorme collezione di statuette e suppellettili a forma di rana che impreziosivano la casa:
 
 
Rane... rane ovunque

Procedendo in ordine crescente in questo breve viaggio verso il disagio domestico, devo necessariamente parlarvi del Guest Book della casa.
Niente da dire: tutte recensioni meravigliose e sinceri attestati di stima nei confronti della padrona di casa. 
Peccato per quelle foto polaroid che immortalavano molti degli ospiti… tutte dello stesso formato, come se fossero state scattate da un'unica macchina fotografica… quella della padrona di casa?
Un pelino inquietante...
L’abitazione, inoltre, non dava l’impressione di essere usata unicamente come casa da affittare, quanto quella di essere usata regolarmente dalla padrona di casa.
Impossibile, a quel punto, non dare una leggera sbirciata in giro… che ha rivelato la presenza di una collezione di pantofole di tutto rispetto. 
Come una folgorazione, i tasselli del puzzle sono andati tutti al loro posto: presumibilmente, la padrona di casa è una serial killer che scatta fotografie ai suoi ospiti, poi li uccide e ne occulta i corpi, conservando però le loro pantofole come perverso feticcio.
Forse mi sono fatto trasportare un po’ dall’immaginazione. 
In conclusione, però, non è stata questa la cosa più inquietante vista in casa.
Volete sapere qual è? 
Siete sicuri?
Davvero sicuri? 
Va bene: 

L'incubo di ogni architetto di interni...

Andiamo, non fate quella faccia! Chi non usa i vecchi libri per pareggiare le gambe del tavolo? 
È più o meno la stessa cosa, no? 
Siamo di fronte ad una sottile critica ad un’editoria che, sottomessa alle leggi di mercato, sacrifica la qualità sull’altare delle vendite e che, quindi, è degna soltanto di essere fruita in bagno… o ci troviamo, piuttosto, davanti a libri portanti la cui rimozione provocherebbe il crollo dell’intero edifico?
Ai posteri l’ardua sentenza.

È tutto per oggi, alla prossima!

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