mercoledì 11 novembre 2015

Chiacchiere da Bar - Dylan Dog e L’Attacco dei Giganti



Salve a tutti e benvenuti nell’Internetturbino, il blog amato come Marquez a Tavullia.



Oggi, per la serie Chiacchiere da Bar, opinioni non richieste su Dylan Dog (Maxi Dylan Dog Old Boy e Dylan Dog n. 350 – Lacrime di Pietra) e su L’attacco dei Giganti
Se vi va, vediamo insieme cosa non mi è piaciuto, cosa mi è piaciuto ma non mi ha convinto del tutto e cosa mi ha fatto andare letteralmente fuori di testa dalla gioia.

Sull’utilità del Maxi Dylan Dog Old Boy nell’ambito dell’opera di rilancio di Dylan Dog da parte di Recchioni, mi sono espresso più volte in passato (ad esempio qui) Per chi non lo sapesse, il Maxi Dylan Dog Old Boy è composto da storie svincolate dalla serie regolare e che, peggio ancora, sono ambientate nella chiamiamola fase Pre - Recchioni (nella quale, tanto per dirne una, Bloch non è andato in pensione come nella serie regolare).

Un altro povero anziano vittima della riforma Fornero, in pratica

Giuro sui congiuntivi di Lapo Elkann che ho provato a leggere le tre storie del Maxi Dylan Dog Old Boy senza pregiudizi, ma la mia opinione non è cambiata.

Cosa mi è piaciuto

Purtroppo ben poco. Menzione d’onore per la copertina che è una figata. Non solo ritengo che sia la migliore tra quelle realizzate da Cavenago per la serie, ma la considero tra le più belle dell’intera testata.
La prima storia dell’albo, Halloween Express, mi è piaciuta abbastanza. Malinconica come le migliori storie dell’Indagatore dell’Incubo. Un’unica enorme pecca: il finale senza alcun pathos. Senza scendere nei dettagli e fare spoiler, la vicenda ruota sulla protagonista femminile dell’albo che (per quanto sia un personaggio ben riuscito) è poco più della solita “ragazza del mese” che abbiamo imparato a conoscere in tanti anni di Dylan Dog. Perché dovrei affezionarmi a lei tanto da rimanere con il fiato sospeso fino alla sua scelta finale dal momento che l'ho appena conosciuta e che so (visto l’universo narrativo indipendente del Maxi Dylan Dog Old Boy), che non tornerà più nella serie? A questo punto, sarebbe stato meglio far ritornare un personaggio femminile tra quelli più celebri della saga, uno insomma a cui il lettore è un minimo affezionato, oppure riadattare la storia centrandola interamente su Dylan… anche osando con scelte forti e sfruttando, questa volta come vantaggio, il fatto che le storie del Maxi Dylan Dog Old Boy non hanno alcuna conseguenza sull’universo narrativo del personaggio.

Cosa non mi è piaciuto

Purtroppo, tutto il resto. La storia Sul filo della spada mi ha dato un pesante senso di già visto (per la serie mettiamo Dylan ed altri personaggi in un luogo x infestato da un demone y) e non mi ha lasciato assolutamente nulla una volta terminata anche a causa del finale anticlimatico e piatto. La storia A cena con il morto, invece, risulta un pelo più interessante. Peccato per la protagonista femminile, Magda, odiosa senza motivo. Capisco che siamo nel 2015 (quasi 2016) ed è anche ora che compaiano personaggi femminili stronzi a discapito del povero Dylan, ma non ne ho capito proprio l'utilità. Sarà anche a causa del fatto che Magda, dopo aver letteralmente seminato il panico più dei cattivi di turno per tutta la storia, è protagonista di una delle uscite di scena più insignificanti ed a membro di canide della storia editoriale di Dylan Dog.


La colpa della non totale promozione di questo albo, che doveva entrare di diritto tra quelli storici, è anche mia: mi hanno fregato le mie stesse (altissime) aspettative.
Ma che ci potevo fare? Numero a colori incentrato sull’ormai ex ispettore Bloch! L’ultima volta, con Il Numero Duecento era andata benone!

Cosa mi è piaciuto

La copertina. Lo ammetto: ho una fifa blu di Stano. È sicuramente un grande artista, ma mi terrorizza il fatto che sia in grado di tirare fuori indiscriminatamente copertine evocative come queste (tanto per citarne due tra le più recenti):





E cose un po’ così come questa:


 Pur essendo la storia un capolavoro, beninteso

Da individuo non dotato di pollice opponibile quando si tratta di prendere in mano un pennello o qualcosa di simile, devo dire che la copertina di Lacrime di Pietra mi pare parecchio ispirata.
Per quanto riguarda la storia, penso che si possa affermare con tranquillità che, ad oggi, è Bloch il personaggio che più ha giovato del nuovo corso di Recchioni (avrei preferito Groucho, ma pazienza). Il Bloch di questa storia è fragile, umano, accattivante: in una parola perfetto. Tutti i momenti dell’albo incentrati su Bloch, sul suo rapporto con Dylan (anche se pochi) e sulla sua "relazione" con Crispille funzionano a meraviglia.
Mini spoiler.
Il presentare una storia di un anziano che si innamora perdutamente di una giovane ragazza, potrebbe sembrare banale, ma chi ha imparato a conoscere l’ispettore Bloch nei precedenti 349 numeri non può che rimanere colpito.
Passatami il penoso gioco di parole, ma dalla pensione in poi, Bloch sta vivendo una nuova giovinezza.

Cosa non mi è piaciuto

Fondamentalmente due cose: pur preoccupandosi per l’amico ispettore e rischiando la vita per proteggerlo, mi hanno fatto storcere un po’ il naso le tre battute che Dylan rivolge a Bloch nell’arco di 4 pagine dopo aver saputo dei suoi sentimenti per Crispille. Ok, una ci sta vista la situazione… ma porca miseria, il tuo mentore a cui devi tutto ti fa una confessione del genere e tu lo sfotti così? Lo so, è una fesseria… ma l’ho trovato fuori luogo visto il momento “epico” per il personaggio di Bloch.
La seconda cosa mi ha turbato un po’ di più. Da sempre (o meglio, nelle migliori storie, Memorie dall’Invisibile e Johnny Freak tanto per citarne due), la forza di Dylan Dog si regge sulla sapiente alternanza tra horror, profondità di sentimenti e capacità di suscitare emozioni (anche forti) nel lettore. Qui il mix non è riuscito particolarmente bene… è come quando bevi il tuo cocktail preferito in una giornata afosa e senti che gli ingredienti non sono miscelati al meglio. Alla fine te lo bevi lo stesso, ma non te lo godi come avresti voluto. 
Oh, bene: mi sono dato alle similitudini alcoliche...
In Lacrime di Pietra la parte incentrata su Bloch funziona a meraviglia, tutta la parte legata allo splatter, all’horror ed al mistero, invece, l’ho trovata fuori luogo… estranea al resto della storia. Anche il finale mi avrebbe fatto tirare giù tutti i santi a colpi di epici bestemmioni se, nelle ultime tre pagine della storia in cui compare Bloch, Ambrosini non avesse tirato fuori dal cilindro l’ultimo colpo di scena.
Peccato, poteva venir fuori un numero davvero epico!


Premetto che, fino a due mesi fa circa, non sapevo neanche dell’esistenza dell’anime de L’Attacco dei Giganti (e tanto meno del manga da cui è tratto). Il mio giudizio si basa esclusivamente sui primi sei episodi che ho visto al momento di scrivere questa Chiacchiere da Bar.
L’attacco dei Giganti è ambientato in una specie di Medioevo fantasy. L’umanità vive all’interno di enormi mura difensive per proteggersi dalle scorribande di spaventosi, quanto misteriosi, giganti. Dopo aver goduto di un secolo di pace all’interno delle fortificazioni, la situazione precipita all’improvviso. A causa della comparsa di due giganti dalle caratteristiche peculiari (uno ancora più grande degli altri ed uno che sembra corazzato), i giganti riescono, infatti, a fare breccia nelle mura seminando morte e distruzione e costringendo gli abitanti a ripiegare all’interno della seconda fortificazione (delle tre complessive di cui è dotata la città). Al tempo dell’attacco, i tre protagonisti principali sono poco più che bambini e, in seguito alla strage, decidono di arruolarsi nelle milizie. Cinque anni dopo, al termine del loro addestramento, i giganti sfondano anche la seconda cinta muraria…
I tre protagonisti sono: Eren Jaeger, impulsivo ed irascibile fin da piccolo e curioso verso il mondo esterno e che, dopo aver perso la madre durante il primo attacco, fa dell’annientamento dei giganti il suo unico scopo nella vita; Mikasa Ackermann, fredda, anzi glaciale (anzi cazzuta) che è la migliore guerriera in circolazione ed molto legata ad Eren che l’ha soccorsa durante la tragedia che le ha sconvolto la vita da piccola (no spoiler); Armin Arelet, amico di Eren e Misaka, debole e inadatto alla lotta, ma molto intelligente, che è forse il personaggio con cui lo spettatore può più facilmente empatizzare essendo, tra i protagonisti, quello trascinato nella lotta contro i giganti senza troppa convinzione fin dall'inizio.

Cosa mi piace

Praticamente tutto. 
Dalla sigla, ai disegni (non sbalorditivi, ma che fanno la loro parte), alle animazioni.
Interessante il sistema di lotta escogitato dagli umani per lottare contri i giganti (un sistema di funi e bombole a gas compresso per muoversi ad alta velocità),
Bella la resa dei giganti che un attimo paiono beoti che si muovono al rallentatore e l’attimo dopo si muovono in maniera innaturale o fulminea… e vogliamo parlare del perenne sorriso stupido che hanno stampato in faccia anche mentre vengono colpiti o ingurgitano persone? Non so voi, ma io li trovo molto inquietanti.
Avvincenti e mai banali i continui colpi di scena che spesso e volentieri sono terrificanti come i cazzottoni atomici di Ivan Drago.



Mi ha colpito positivamente anche il carattere “adulto” dell’opera, spesso disturbante ed affascinante allo stesso tempo. Praticamente è come quando ci si copre gli occhi davanti ad una scena cruenta, ma non si resiste alla tentazione di sbirciare tra le dita tremanti. Per i meno nerd, scordatevi il binomio cartoni animati = bambini. L’opera è matura e dura, a tratti drammatica. Anche i protagonisti più cazzuti sono ben lungi dall’essere eroi stereotipati senza macchia e senza paura, tutt’altro! E che dire dei personaggi secondari terrorizzati dai giganti, oppure apatici e rassegnati a vivere all’interno delle mura senza curiosità alcuna verso il mondo esterno? Terrore, sconforto, crisi isteriche, e persino suicidi sono all’ordine del giorno tra le reclute, poco più che adolescenti, che si trovano loro malgrado a lottare contro i giganti. Anche i momenti di ironia per stemperare la tensione, presenti spesso in questo genere di opere, sono piuttosto rari e sostituiti da momenti di approfondimento sull'animo e sulle motivazioni dei personaggi. Poche palle, è un’opera dai connotati finanche tragici oserei dire… non a caso c’è chi la considera una “rappresentazione della mancanza di speranza provata dai giovani nella società contemporanea” e non penso sia un’esagerazione…


Preparatevi, i personaggi avranno spesso espressioni come questa...

Infine, il background cioè la mitologia, l’universo narrativo all’interno del quale si svolgono le vicende dell’opera. Il modo con cui è sapientemente centellinato ed inserito nella trama senza forzature (ad esempio come breve flashback di una lezione sui giganti che i protagonisti seguono da bambini o con brevi informazioni sotto forma di “informazioni di pubblico dominio”), lo rende molto interessante ed articolato pur non intaccando l’alone di mistero sui giganti, sulla loro origine e sul mondo esterno.


 Un esempio del background: pianta della città con evidenziate le tre fortificazioni

Cosa non mi piace

Ho un unico timore, ma enorme. Nel sesto episodio, accade un evento che, suppongo, sia fondamentale nel prosieguo dell’opera. Senza fare spoiler, è un evento che potrebbe mutare fortemente gli equilibri della storia come lo spettatore ha imparato a conoscerli fino a quel momento. È un evento importante che spero sia gestito al meglio e che non stravolga in negativo l’anime che tanto mi è piaciuto fino a questo punto.
Se vi siete incuriositi, l’anime va in onda il giovedì verso le 23.30 (circa) su Rai 4, ma è facile da recuperare anche su internet dal momento che le puntate sono state trasmesse anche in streaming sul sito internet VVVVID.it a partire dal 21 luglio 2014. La prima stagione dell’anime è composta da 25 puntate e ne è prevista una seconda per il 2016. Non vi fornisco altre indicazioni se non la pagina di Wikipedia de L’Attacco dei Giganti (qui), per non beccarmi spoiler mortali (che sono in agguato ovunque!).

È tutto per oggi, alla prossima!

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