Salve
a tutti e benvenuti nell’Internetturbino: il blog piacevole come la
devitalizzazione di un molare.
Lo
ammetto: quando ho letto per la prima volta quello che vi sto per proporre in
questo post, non volevo credere ai miei occhi.
È
una cosa talmente fuori di testa che, per inserirla adeguatamente nel blog, ho
dovuto tirare fuori dal dimenticatoio la serie L’indifferenziato dell’Internetturbino dove solitamente finisce
tutto ciò che è così malsano da fare categoria a sé.
Chi
continua nella lettura, lo fa a suo rischio e pericolo.
Vi
ho avvisati.
Tempo di lettura: circa 9 minuti
Qual
è la cosa più fastidiosa dell’estate?
Il vicino di ombrellone che ascolta
con lo stereo a tutto volume i capolavori sinfonici della Dark Polo Gang?
Lo squallido locale karaoke sotto
casa dove, dai latrati che squarciano la quiete della notte, sembrano esibirsi
un branco di faine in calore (che si accoppiano con degli elefanti)?
Ma
no! Mi sto riferendo a quell’essere fastidioso che, spesso e volentieri, si
diverte e ronzarvi nelle orecchie non facendovi chiudere occhio per tutta la
notte…
No… non il/la vostro/a partner!
Mi
riferisco agli insetti… soprattutto a quelli che pungono.
Si
tratta di una piaga che affligge l’umanità da tempo immemore e, non a caso,
fior di scienziati hanno condotto complesse ricerche in quest’ambito.
Per
sollazzare i vostri neuroni provati dagli anticicloni africani (che, tra
l’altro, andrebbero aiutati a casa loro), vi propongo due studi che meritano di
essere tramandati ai posteri…
Iniziamo
dalla ricerca condotta da tale Justin Orvel Schmidt
Secondo la leggenda (ma il
suo studio è, ahimè, autentico), un bel giorno il nostro amato entomologo fu
punto sulla lingua da un’ape e passò il successivo quarto d’ora a rantolare per
terra contorcendosi dal dolore e desiderando ardentemente morire.
Questo
incidente, probabilmente, lasciò segni indelebili nella psiche di Schmidt che
impiegò i successivi anni della sua vita nella realizzazione della Schmidt
sting pain index… cioè la Scala del dolore delle punture di insetto
di Schmidt.
Sì, lo so: sembra una cosa da Mai
Dire Banzai, ma è tutto vero… si tratta di una scala che misura l’intensità del
dolore causato dalle punture degli insetti.
Prima
che gli animazisti si scaglino nell’ennesima, surreale, crociata contro la
sperimentazione animale, va chiarito che l’unica bestia che ha sofferto durante
gli studi di Schimdt… è stato lo stesso Schimdt che, da bravo professionista
scrupoloso qual è, si è fatto personalmente pungere da una grande varietà di
insetti.
Bene.
La
scala di Schimdt è composta da 4 livelli di dolore, dal più basso (0) al più
alto (4). La cosa dannatamente fuori di testa è che Schmidt, forse perché la
soglia di sopportazione del dolore varia da individuo a individuo (c’è infatti
chi sviene quando si strappa la pellicina da un dito e chi si fracassa i
mignoli contro gli spigoli senza battere ciglio), ha realizzato delle
descrizioni il più oggettive possibili del dolore provato… con esiti alquanto
curiosi.
Allora,
la puntura delle api comuni ha un valore di 1 sulla scala del dolore di
Schimdt. Il tipo di dolore è definito come “lieve”, “passeggero”… e “quasi
fruttato”.
Fruttato?
Come se vi pungesse un kiwi,
insomma…
La
cosa rimarchevole è, però, la descrizione del dolore: “Una piccola scintilla
che ha bruciato un pelo del vostro braccio”. Un dolore tutto sommato sopportabile…
… a patto di non essere
particolarmente villosi, in quel caso sono c***i
Poco
più in alto (valore 1.2), troviamo la puntura della formica di fuoco il cui tipo
di dolore è definito da Schimdt come “acuto, improvviso, un po’ allarmante”.
Secondo
Schimdt, il dolore provato è lo stesso che si proverebbe “Camminando su un
tappeto di tessuto felpato per raggiungere l’interruttore della luce”.
E
la domanda che il mondo si sta facendo è:
Che c***o di tappeto ha il signor
Schimdt?
A
livello 1.8, troviamo la puntura della formica dell’Acacia cornigera (Pseudomyrmex
ferruginea) che, oltre ad avere un nome scientifico pronunciabile solo a
patto di sputacchiare anche i molari sul vostro interlocutore, provoca un “dolore
insolito, piercing, alto”, come se “Qualcuno vi sparasse una punta nella vostra
guancia”.
Fortuna che non si tratta di un
piercing sul glande…
Procedendo,
livello 2.0, c’è la puntura di vespa con il suo “dolore intenso, abbondante e
leggermente croccante”…
… Croccante? Un
po’ come quando poggi la mano sulla piastra per i gaffe rovente?
…
simile a quello provato quando ci si schiaccia la mano “in una porta girevole”…
I grandi dubbi: e se ve la schiacciate
in una porta classica, vale lo stesso?
A
pari merito, ancora al livello 2.0, la puntura della vespula dal “dolore caldo
e fumoso, quasi irriverente”.
Dolore irriverente?
Boh…
Un
dolore simile si può provare “se il comico W. C. Fields spegnesse il sigaro
sulla vostra lingua”.
Il
fatto che un comico possa marchiarmi a fuoco con un sigaro come un pappone
senza scrupoli farebbe con una prostituta, mi inquieta e non poco.
Comico fumatore di sigari per comico
fumatore di sigari, preferirei di gran lunga essere sfregiato da Groucho Marx...
Oltre
il livello 2, troviamo la puntura dell’Ape mellifera, dell’ape africanizzata e
del calabrone europeo il cui dolore è paragonato a “Un fiammifero acceso e
bruciato sulla vostra pelle”… e magari precedentemente usato dal collerico W.
C. Fields per accendersi il sigaro che vi ha poi gentilmente spento sulla
lingua non avendo trovato un posacenere sottomano.
Arriviamo
finalmente sul podio: al livello 3.0, infatti, troviamo la puntura della
formica mietitrice rossa dal “dolore forte e deciso”, tipico di quando
“Qualcuno usa un trapano per forare la vostra unghia incarnita” (e qui Schimdt si
abbandona allo splatter ed al sadismo più crudo e becero con il particolare
dell’unghia incarnita).
Ancora
al livello 3.0, troviamo la puntura della vespa del genere Polistes
“dolore e bruciore caustico, con sapore decisamente amaro” tipico di quando ci
si “rovescia un bicchiere di acido cloridrico su un taglietto causato dalla
carta”.
E io che pensavo che i tagli con la
carta fossero la cosa più dolorosa al mondo!
Al
livello 4.0, poi, troviamo la puntura della vespa del genere Pepsis dal “dolore accecante, feroce,
elettrico” come quando “Un asciugacapelli acceso è caduto nella vostra vasca
idromassaggio”.
Se non avete la vasca idromassaggio,
il dolore è lo stesso… ma siete anche dei poveracci
Oltre
il livello 4.0, infine,troviamo la puntura della formica proiettile dal “dolore
puro, intenso, brillante”, paragonabile a quello provato “Camminando sui
carboni ardenti con un chiodo affilato, e arrugginito, lungo oltre 7,50 cm
conficcato nel tallone”.
Porca
miseria… Schimdt avrebbe reso maggiormente l’idea solo se avesse scritto
“Dolore paragonabile a quello provato ballando salsa e merengue con un palo del
telegrafo su per il retto”.
Ma
aspettate ad assegnare il Premo Nobel…
… o Ignobel…
…
a Schimdt. C’è anche lo scienziato Michael Smith che, affascinato dagli studi
di Schmidt, ha voluto mappare le parti del corpo dove le punture degli insetti
sono più dolorose.
Facendo
da cavia, ovviamente.
Il
nostro eroe, infatti, si è fatto pungere in 24 parti distinte del corpo (tra
cui capezzoli e scroto, tanto per citarne un paio) ed è arrivato alla conclusione
che i punti del corpo più dolorosi dove essere punti sono…
… rullo di tamburi…
3) l’asta del pene
2) il labbro superiore
1) le narici
Perfetto,
adesso sapete cosa NON fare se vi trovate alle prese con un calabrone adirato:
non provate a sniffarlo, né a baciarlo, né tantomeno ad ingropparvelo.
Grazie
per le dritte Smith, grazie di cuore.
È
tutto per oggi, alla prossima!
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