Salve a tutti, benvenuti
nell’Internetturbino: il blog piacevole come un’interruzione dell’energia
elettrica mentre ci si trova faccia a faccia con uno psicopatico armato di
mannaia…
Nuova puntata di Chiacchiere da Bar… prometto che
cercherò di essere meno prolisso dell’ultima volta…
Non sono un vecchietto logorroico malato di Alzheimer, è che mi
disegnano così…
Causa insormontabili problemi tecnici riassumibili grossomodo con:
Il post previsto per ieri, mercoledì, viene pubblicato oggi.
Due gli argomenti del post: Babadook (dook dook!) e Dylan Dog – I Colori della Paura “La nuova alba dei morti viventi”.
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Il post previsto per ieri, mercoledì, viene pubblicato oggi.
Due gli argomenti del post: Babadook (dook dook!) e Dylan Dog – I Colori della Paura “La nuova alba dei morti viventi”.
Babadook
Avendo riscoperto il piacere del
cinema con Terminator Genisys (opera con qualche spunto interessante sufficiente a far
correre qualche brividino lungo la schiena dell’appassionato nerd), la scorsa
settimana ho deciso di andare a vedere un nuovo film al cinema.
Dopo l’esperienza
premorte nella sala senza aria condizionata dell’ultima volta (qui), la mia scelta è
caduta, innanzitutto, per una sala cinematografica climatizzata.
Secondariamente,
mi sono concentrato sul film da vedere.
Mi ha
subito incuriosito Babadook e, fidandomi
dei miei spacciatori di film preferiti, mi sono fiondato a vedere le recensioni
del Frusciante (qui) e di Victorlaszlo88 (qui).
Ammetto di non aver visto integralmente quella
del Frusciante, ma solo perché l’audio era davvero troppo basso ed il Demone
della Pigrizia mi ha impedito di alzarmi per andare a prendere un paio di
cuffie…
Entrambe
le recensioni, comunque, erano a dir poco entusiaste e, quindi, la mia scelta è
ricaduta su…
Da che
parte cominciare? Bella domanda… sicuramente dal fatto che Babadook è un film horror abbastanza sui generis… a tal punto che non ho dovuto insistere neanche tanto per farmi
accompagnare al cinema dalla mia ragazza (nota estimatrice del genere horror…).
E qui
sta il punto: Babadook è,
oggettivamente, un bel film che, prima di virare (ma forse solo apparentemente)
nel finale verso soluzioni proprie del genere horror, può piacere ad un
pubblico abbastanza trasversale.
Tanto
per capirci:
È un film
di stampo horror psicologico che ben riesce a generare un forte senso di
inquietudine (più che vera paura), basandosi quasi unicamente sui fantasmi
della mente umana.
È un film
ricco di citazioni… ma in maniera intelligente, senza quell’inutile
citazionismo fine a sé stesso e spesso sinonimo di mancanza di idee e
carattere.
È un film
maturo, che inquieta con una storia che prende, con personaggi angoscianti e,
soprattutto, senza bisogno di ricorrere a jump scares
(che personalmente odio, sarà l’età…).
È un
film ben scritto, ben diretto e (sorpresa, sorpresa) ben recitato (porca
miseria se è ben recitato!).
Bambino, mi hai spaventato a morte in questa scena... non lo fare più!
È un
film che si presta a diverse interpretazioni.
Ottimi
motivi per vederlo, non pensate? Adesso, qualche considerazione sparsa…
Come
accennato, Babadook è un film che si
presta a diverse interpretazioni. La questione intorno cui tutto ruota è: il Babadook
esiste veramente, o è frutto del disagio mentale della protagonista?
… Ma
importa veramente, visto che l’angoscia (quella dei personaggi e quella
suscitata nello spettatore) è dannatamente “reale”?
Personalmente,
mi è piaciuto il fatto che, per buona parte del film, lo spettatore è portato a
propendere per la seconda ipotesi, salvo poi far “comparire” in maniera più
incisiva il Babadook… anche se devo ammettere che proprio le parti con il Babadook
“fisicamente presente”, seppur angoscianti (la “possessione” della
protagonista, quelle specie di tenaglie giganti che affiorano dall’oscurità, la
ciotola di vermi che si sposta), non mi hanno convinto come il resto del film.
Probabilmente
perché cozzano con la mia visione del film secondo cui il Babadook è la follia
della protagonista o una sua rappresentazione più o meno astratta, o una allegoria.
È anche
vero che il mostro potrebbe essere, che so, un demone che si nutre della follia
della madre, alimentandola al tempo stesso… perché no? Interpretazioni diverse,
ma che si intrecciano tra loro.
Dico la
mia: come mostrato in apertura del film, la protagonista perde il marito mentre,
insieme a lui, si dirige all’ospedale per la nascita, ormai imminente, del
figlio. Essendo una scrittrice di storie per bambini, è plausibile che sia
stata lei a scrivere il libro del Babadook, forse per dare voce alla sua disperazione
dopo il lutto, nonché al rapporto problematico con il figlio, quasi per
esorcizzarli… un gesto catartico, insomma. Del resto Babadook è l’anagramma di A Bad Book
(farina di Victorlaszlo88).
Una delle scene più inquietanti del film (fo***to libro!)
Soluzione
labile e solo all’apparenza definitiva dal momento che il rapporto con il
figlio è sempre ambiguo. Amore incondizionato da una parte (ad esempio nella
scena in cui la madre, a colloquio con il preside, rifiuta di accettare gli
evidentissimi problemi del figlio a scuola… senza dimenticare che è proprio una
carezza di quel figlio sciagurato a dare il via alla “redenzione” della madre);
disagio che sfocia nell’odio dall’altra (gli insulti terribili rivolti al
figlio, il voler somministrargli i farmaci solo per farlo dormire ed avere un
attimo di quiete…).
Come
ulteriore strumento di difesa, la protagonista, con la scusa di festeggiare
insieme alla figlia della vicina, non fa celebra mai il compleanno al figlio l’esatto
giorno della sua nascita (nonché giorno della morte del marito). Quando questo
escamotage per fuggire dalla realtà dei fatti non è più attuabile ed oscuri
demoni affiorano nella mente e nell’animo della protagonista, fa la sua
comparsa (improvvisa solo all’apparenza) il malefico libro.
Di qui
la discesa nella follia della madre, incarnata nel Babadook. Non vorrei
sbagliarmi, ma è sempre la madre che vede ed interagisce direttamente con il mostro.
Il bambino dice di averlo visto nella sua stanza (ma tutti, da bambini, abbiamo
visto il baubau sotto il letto) e i reali pericoli che corre derivano
esclusivamente dalla follia della madre… anche quando viene sbattuto contro il
muro da una forza invisibile, niente mi vieta di pensare che, ad aggredirlo,
sia la madre… del resto vediamo praticamente tutto il film attraverso i suoi
occhi.
L’occhio della madre (scusate non ho resistito)
Arriviamo alla
scena finale. Il Babadook “rinchiuso” in cantina (non
a caso è lì che sono conservati gli oggetti appartenuti al marito la cui morte
è il fulcro di tutto) e tenuto sotto controllo ma non sconfitto (per il
semplice fatto che, prima o poi, si devono sempre fare i conti con i propri
demoni). Interessante come la madre, al figlio che chiede di poter vedere il
mostro, gli risponda che potrà farlo da grande… forse quando, più maturo, dovrà
finalmente fare i conti con la perdita e l’assenza del padre nella sua vita, con
il rapporto con sua madre, con il mondo esterno e con i propri demoni.
Da vedere.
Dylan Dog – I Colori della Paura “La nuova alba dei morti viventi”
Sabato
Come al
solito, mi reco in edicola e l’edicolante mi accoglie con un “C’è un Dylan Dog
nuovo, lo prendi?”.
Non sapendo di
una nuova uscita, prendo l’albo, lo sfoglio e, dopo aver riconosciuto alcune
tavole, leggo il titolo.
Abbozzo un
sorriso, nascondo una discreta erezione, pago ed esco.
Salgo in
macchina e, non curante dei 50 gradi e passa, leggo velocemente la
presentazione dell’albo per avere conferma del mio presentimento.
Nuova collana
in collaborazione con La Gazzetta dello
Sport… Un albo per ogni storia della collana Horror Fest con
approfondimenti sugli autori e nuove copertine (non abbastanza per spingermi
all’acquisto dei nuovi albi, non sono il genere di fan che compra qualsiasi
ripubblicazione delle vecchie storie)…
Primo albo con
storia inedita. Mmm, interessante… una sorta di remake a colori del primo albo…
Prima di
essere arrestato per atti osceni in luogo pubblico, metto in moto e me ne vado
al mare.
Domenica
Programma
della giornata: lettura amarcord de L’alba
dei morti viventi prima di pranzo, lettura de La nuova alba dei morti viventi dopo pranzo.
Su Recchioni
se ne sentono tante sulla rete: primadonna, figlio di buona donna, arrogante,
egocentrico, eccetera, eccetera…
Personalmente,
non lo seguo sui social (ogni tanto leggo il suo blog) e tantomeno lo conosco…
e non mi interessa. Lo tratto come un meccanico o un medico: la cosa
fondamentale è che sia in gamba, se è simpatico o antipatico poco mi frega…
Chiedo scusa a
Recchioni, ma la prima cosa che ho pensato tenendo tra le mani l’albo è stata
“Figlio di buona donna!”. Un remake del mitico albo numero 1? Scelta coraggiosa
che denota enorme sicurezza di sé… e probabile voglia di farla finita
gettandosi in pasto ai lettori di Dylan Dog sicuramente poco propensi ad una
rivisitazione del mitico primo albo. E con quel titolo poi! Un pelino
arrogante… c’era bisogno di una nuova Alba dei morti viventi?
E se, invece, avendo
apprezzato il lavoro di Recchioni fin qui, fosse una pietra miliare nella
storia dell’Indagatore dell’Incubo?
Faccio un bel
respiro, resisto alla tentazione di divorare l’albo e mi godo L’alba dei morti viventi.
Non leggevo il
primo numero da un sacco di tempo, che dire: pensavo che fosse invecchiato
molto peggio. La storia scorre piacevolmente, le scene clou (il confronto tra Sybil
e il marito, il risveglio degli zombi nell’obitorio, lo scontro a Undead tanto
per citarne alcune) funzionano ancora perfettamente, tutto fila se non proprio
come tanti anni fa (è pur sempre una storia del 1986… io sono nato nel 1982, avrò
letto l’albo per la prima volta a 12 / 13 anni), comunque in maniera molto
godibile.
È un gran
bell’albo, poco da dire.
Peccato il finale,
o meglio la trovata della custodia del clarinetto esplosiva che non mi aveva
convinto tanti anni fa e non mi convince, tanto meno, adesso. Posso dire che stride
con il personaggio che ho poi imparato a conoscere nel corso di tanti? Sarebbe
stato più da Dylan farsi saltare le mani con quella bomba, piuttosto che sconfiggere
il cattivo di turno!
Ripongo con
cura sul divano la “Vecchia” Alba e prendo la “Nuova”.
Molto, molto
bella la copertina… anche se un po’ astratta rispetto ai contenuti della
storia: una ragazza bionda, con un morso sul braccio, abbracciata a Dylan
all’interno di un’architettura che ricorda quella di una chiesa antica…
Leggo la prima
pagina e… Cosa? La storia è raccontata dal punto di vista della custodia del
clarinetto?
Davvero?
Do a Recchioni
del genio… o meglio del fo***to genio: è stato veramente in grado di prendere
l’unica “debolezza” del primo numero ed usarla come elemento di rinnovamento… ?
Bene anche l’acquisto
della custodia a Safarà… mossa logica dal momento che, se non vado errato,
galeone e diario (o penna e calamaio), provengono proprio dal negozio di
Hamlin…
Sfortunatamente,
presenza della custodia come narratore è piuttosto limitata per i miei gusti. Essa,
infatti, “interviene”, escluse le tavole finali, giusto all’inizio e per
giustificare gli inevitabili salti nella trama (dal momento che l’albo ha solo
36 pagine)… ed è un peccato perché si tratta delle tavole più interessanti (vedi
l’inizio e la fine) e più divertenti (vogliamo parlare dell’opinione della
custodia sulla deduzione di Dylan riguardo l’origine del nome Xabaras?). Per il
resto la storia scorre bene, tra dialoghi e scene ripresi fedelmente dal primo
albo, altri riadattati per esigenze di spazio e altri ancora ammodernati secondo il nuovo corso della testata. Menzione
d’onore per i disegni ed i colori.
Sarebbe forse
stato folle, ma mi sarebbe piaciuto da matti, avere una storia impostata
interamente come un monologo della custodia che raccontasse risvolti nascosti
della storia con, sullo sfondo, i noti eventi dell’Alba dei morti viventi.
Proprio quando,
avvicinandomi al ben noto finale della storia, inizio a pensare che la forza
innovatrice delle prime tavole si sia ormai esaurita, arriva l’ultimo colpo di
scena.
Inaspettatamente,
la suggestiva scena dell’incubo con Sybil che, contagiata, morde Dylan viene
soppressa in favore di un nuovo
flashback sulle origini della custodia…
Che la
custodia sia stata donata da Xabaras a Hamlin, mi sta anche bene… ma quando si
svolge la scena? Dall’abito e dalla pettinatura, parrebbe lo Xabaras “attuale”
(cioè a divisione avvenuta tra le due metà del padre di Dylan… i capelli corti sembrano
indicare un periodo post scena dell’orfanotrofio ed arrivo al presente di
Xabaras come narrato nel numero 242).
E allora la
domanda diventa perché?
Perché Xabaras
dovrebbe fornire a Dylan questo deux ex machina senza il quale il nostro
Indagatore dell’Incubo sarebbe stato infettato dal virus?
Per metterlo
alla prova?
Per dare
inizio al tutto?
E perché lo
stesso Xabaras casca nel bluff di Dylan non credendo che la custodia contenga
una bomba? E perché non è in grado di
disinnescarla se è stata lui a costruirla?
Troppi punti
interrogativi (da svelare in futuro?), in un finale troppo lacunoso. Non penso
che questa scena finale verrà mai approfondita… altrimenti perché proporla in
una collana “accessoria” che non prevede nuove storie inedite?
Insomma,
remake promosso?
Sì…
… ma, ricordando
che si trattava di un’impresa da far tremare i polsi, è una promozione che sa
di sufficienza con una parte centrale non all’altezza, che prova a risollevarsi
nel finale (lacunoso), che finisce purtroppo
per pagare l’intuizione iniziale (geniale) e le buone premesse delle prime
tavole. Discorso diverso, invece, se si considera l’opera come un sentito
omaggio a Sclavi ed al primo numero ormai prossimo a compiere i 30 anni, o ad
un accattivante remake dell’originale per attrarre qualche nuovo lettore
incidentalmente incappato nella lettura della storia…
È tutto per
oggi, alla prossima!
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