Salve
a tutti e benvenuti nell’Internetturbino: il blog allegro come una braciolata
in compagnia…
… per il maiale…
Eccoci
arrivati all’ultimo post della trilogia dedicata al mio viaggio a Bologna (qui
e qui i primi due post).
Tempo di lettura: circa 12 minuti
Cosa ho visto?
Bene,
giunti all’ultimo post, mi sembra giustamente arrivata l’ora di raccontarvi
cosa ho visto.
Beh,
un sacco di cose.
La
Basilica di San Petronio, le persone spiaggiate come cetacei agonizzanti a
Piazza Maggiore, il Museo Civico Archeologico, l’Archiginnasio, Palazzo d’Accursio,
il quartiere Ebraico e poi…
“E la fontana del Nettuno? E la Torre
degli Asinelli?”
Sapete
com’è… sono un viaggiatore alternativo e prediligo visitare luoghi non main
stream (per poi vantarmene sui social).
Ma
certo che avrei voluto vederli, ma la Fontana del Nettuno e la Torre degli
Asinelli erano in restauro… quando si dice la sfiga.
È un po’ come fare colpo su Milla Jovovich…
e poi scoprire che ha il ciclo, le emorroidi, l’herpes alla bocca e fratture a
entrambi i polsi…
E
già: oggi mi sento un poeta maledetto, o un maledetto poeta… fate voi.
Nonostante
ciò, non sono mancate le (dis)avventure alla scoperta delle bellezze di Bologna.
Causalmente,
infatti, ci si è presentata la possibilità di salire sul campanile della Chiesa
di San Pietro (tra i più alti della città).
Naturalmente,
non si siamo fatti sfuggire la ghiotta occasione… e, altrettanto naturalmente,
le cose sono andate per il verso sbagliato praticamente all’istante.
Tanto
per iniziare, un tizio con un felino morto unto in testa (neanche si fosse
fatto uno shampoo all’olio di palma senza risciacquo), ci ha gentilmente fatto
intendere che il contributo volontario per salire sul campanile era, in realtà,
un contributo minimo… diventato, alla fine, un vero e proprio biglietto di
ingresso.
Mi
sta anche bene… anzi, fatti anche la cresta sul biglietto, che magari ti compri
uno shampoo ricostituente per quel procione idrofobo al cartoccio che hai in
testa
Devo
ammettere che la salita del campanile è stata piuttosto impegnativa… con l’aggravante
(causa location) di non poter dare libero sfogo ai bestemmioni che sorgevano
spontanei a causa della fatica.
Arrivati
in cima, abbiamo trovato ad accoglierci una guida piuttosto schizzata che,
però, ci ha intrattenuto piacevolmente parlandoci del campanile e delle campane
che, se suonate erroneamente, possono causare un’anomala (quanto notevole) oscillazione
del campanile stesso.
Poi,
con un tempismo notevole, si è proposto di far suonare le campane per noi…
Tra
chi si affrettava a scrivere il proprio testamento, chi faceva gli scongiuri
del caso e chi confidava nelle sue capacità musicali, la guida ci ha riproposto
la melodia del Big Ben… suonandola da solo, muovendo le campane con corde
legate a mani e piedi, neanche fosse un marionettista sotto acidi.
Tranquillo,
amico mio, farò finta di non aver visto la cassa di prosecco (con bottiglie
vuote, ovviamente), sotto la finestra…
Il
dramma, però, è avvenuto durante la discesa.
L’omino
unto, infatti, continuava imperterrito a far salire gente, senza preoccuparsi
delle persone che, salite in precedenza e non avendo intenzione di trasferirsi
a vivere sul campanile diventando dei novelli Quasimodo, avevano intenzione di
scendere.
Risultato?
La
sagra della demenza umana.
Specialmente
nel primo tratto (dall’alto verso il basso), il percorso era veramente stretto e
non c’era modo di passare due alla volta (non senza possedere carnalmente, e ripetutamente,
chi proveniva in senso opposto).
Nonostante
ciò, c’erano genitori degeneri che mandavano in avanscoperta i figli,
spronandoli a continuare nonostante le avversità neanche fossero gli alleati
durante lo Sbarco in Normandia (roba da chiamare i servizi sociali).
Per
non parlare degli adulti che, pur di non aspettare il proprio turno, mi si sono
strusciati addosso dando fondo a tutte le loro (risibili) conoscenze del
Kamasutra.
Una
volta giunto in salvo (non prima di essermi accoppiato involontariamente con
una miriade di estranei lungo la discesa), mi è stato riferito che i primi a
scendere dalla torre avevano detto al tipo pettinato con il Friol di aspettare
l’uscita del primo gruppo e l’abominio tricologico, dopo aver annuito, aveva
fatto immediatamente salite altra gente.
Una
minchia marina, non c’è altro da dire…
Meritevole
di menzione è stata, poi, la visita al Santuario della Madonna di San Luca.
Nel
caso non lo sappiate, il santuario è raggiungibile tramite un porticato lungo quasi
4 km che, dalla città, si inerpica fino al santuario.
È
decisamente figo salirci a piedi… purtroppo, per mancanza di tempo, abbiamo
deciso altrimenti e così sono stato costretto a venire meno ad un solenne voto
fatto tanti anni fa…
Non
stringere la mano a chi esce da un cesso chimico?
No,
peggio:
… Non salire mai su un trenino
turistico
Che
io sia dannato… ma non ho avuto scelta.
Potete
immaginare, naturalmente, la follia dei turisti che, infischiandosene di
precedenze, turni e di ogni conquista evolutiva nella storia dell’umanità,
hanno provato a prendere d’assalto il treno…
… tipo Far West…
…
pur di non aspettare il turno successivo.
Medaglia
d’oro per la signora che, con in braccio un canide bonsai, ha insistito a lungo
per salire sul trenino stracolmo pretendendo di occupare due posti (per sé e
per la bestia) a scapito di un bambino…
Va bene signora, appena i genitori si
distraggono, lo buttiamo giù da una rupe, in stile Sparta, così le facciamo
posto…
Non
mi sono mai vergognato così tanto: da una parte c’erano i bambini impegnati
nella salita a piedi che ci salutavano, dall’altra gli adulti che ci guardavano
con un misto di stupore e disgusto.
Soprattutto
disgusto.
A dire la verità, non mi sarei mai aspettato di vedere così tanta gente impegnata a fare jogging lungo i portici (infischiandosene dei turisti che, pur procedendo a passo d’uomo, erano in palese crisi cardiorespiratoria).
A dire la verità, non mi sarei mai aspettato di vedere così tanta gente impegnata a fare jogging lungo i portici (infischiandosene dei turisti che, pur procedendo a passo d’uomo, erano in palese crisi cardiorespiratoria).
Ma
è il momento di fare un po’ di cultura:
Sapevate che il santuario era un’importante
meta di pellegrinaggio (vuoi solo per le allucinazioni mistiche che colpivano i
fedeli lungo la salita che conduceva al monastero?)
Sapevate che, lungo i portici di San
Luca, è possibile osservare delle cappelle con tanto di targhe con sopra scritti dei nomi? Bene: non
si tratta di benefattori che hanno contribuito alle spese, ma di coloro che,
stroncati dall’angina pectoris, non sono riusciti ad arrivare in cima)
Arrivati
belli riposati al monastero, non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di
salire in cima alla cupola di San Luca…
Ebbene sì, ho passato la vacanza ad
inerpicarmi sui monumenti cittadini, neanche fossi King Kong…
Grazie
al cielo, a gestire il traffico in salita e in discesa c’erano degli studenti
di Beni Culturali molto in gamba che svolgevano il loro tirocinio universitario
(perché pagare qualcuno per occuparsi dei beni culturali?).
Giunti in cima, la vista era notevole…
Prima
di scendere, era poi possibile compilare un questionario sul gradimento della
visita e sulla competenza dei ragazzi.
Provando
una grande empatia per i ragazzi (e compatendoli per la loro scelta del corso
di laurea) ho insistito affinché tutto il gruppo desse giudizi positivi,
ovviamente.
Con
grande piacere, ho notato che anche le altre schede inserite in una scatola
trasparente riportavano giudizi ottimi
Con
un’unica eccezione: un decerebrato che aveva dato un voto pessimo… perché,
sulla cupola, non c’era il bagno.
Capisco
che quando scappa, scappa… ma smollare un cagatone sulla cupola di San Luca mi
sembra un po’ eccessivo (ed anche piuttosto blasfemo).
A
proposito di persone possedute dal maligno, nota di demerito per i fanatici del
jogging che, non paghi di essersi fatti i fighi (inutilmente) sgambettando per
tutto il portico, pretendevano di correre lungo le scale del santuario,
maledicendo e guardando storto i turisti che si fermavano a fare foto.
Qual
è il prossimo passo?
CrossFit
al Colosseo?
Thai
Chi davanti alla Torre di Pisa…
No, questi sono in possa per farsi
scattare le foto buffe (e originali) in cui sembrano mantenere la torre di Pisa…
Fortunatamente,
il ritorno a casa è stato molto tranquillo… beh, il tocco di follia c’è sempre.
Arrivati
in aeroporto, ci siamo recati al gate che, essendo arrivati con largo anticipo,
era praticamente deserto.
Ad
un certo punto, uno dei pochi passeggeri presenti, ha deciso di mettersi in
fila al gate e tutti gli altri (noi compresi) lo abbiamo seguito, pensando che,
in quanto arrivato per primo, fosse a conoscenza di informazioni a noi
sconosciute.
Risultato?
Quasi
due ore passate in piedi come idioti… se ci penso, mi si gonfiano i piedi
ancora oggi.
Dopo
questa traumatizzante attesa, sono arrivate le addette della Ryanair per
iniziare le procededure di imbarco… e la più giovane delle due ha ben pensato
di annunciare l’apertura del gate per il nostro volo… sbagliando il numero del gate.
Tutti
i passeggeri hanno pensato ad un cambio di gate improvviso e si è scatenato il
panico.
Il
tipo accanto a me…
… con uno scatto degno di Bolt
inseguito da Jason di Venerdì 13…
…
ha superato il cordone per cercare di raggiungere l’imbarco giusto e si era
quasi imbarcato su un volo a caso, quando l’addetta, imbarazzata come se avesse
scoreggiato in chiesa (in testa al vescovo, per giunta), cercava timidamente di
correggersi.
Non
essendoci tempo da perdere (sia perché, in questi tempi di terrorismo, non è
poi il massimo mettersi in massa a correre in aeroporto, sia perché i più
veloci stavano già sparendo all’orizzonte), ho urlato la prima cosa che mi è
passata in mente:
“Fermi tutti! Scherzone!”
Che,
a pensarci bene, è una delle cose più idiote che mi sia mai uscita dalla bocca
(il che è tutto dire), il bello è che, sorprendentemente, ha funzionato.
Riprese
le normali procedure di imbarco, praticamente tutti hanno deciso di passare
dalla tipa che aveva sbagliato il numero del gate vuoi per scambiarci una
battuta, vuoi per farsi quattro risate, o per scattarsi una foto insieme.
L’idolo
incontrastato delle folle.
Alla
fine della fiera, qual è stata la cosa più memorabile di questo viaggio?
Non
me ne vogliano i bolognesi (anzi, Bologna è una gran bella città e ci vivrei e,
detto da un sedentario abitudinario cronico come il sottoscritto, è un gran
complimento), ma il momento più bello per me è stato… la rapidissima toccata e
fuga fatta a Milano.
Spendendo,
per giunta, un rene e un polmone per acquistare un biglietto all’ultimo minuto
su un super Freccia (Rossa?), popolato quasi esclusivamente da turisti
giapponesi.
Il
motivo di questa follia?
Passare
qualche ora con quattro persone speciali: la mia ragazza (in viaggio a Bologna
con me), mia sorella e suo marito
Come
dite?
Sono
solo tre e i conti non tornano?
Tornano
eccome: mia sorella aspetta una bimba e, dopo esserci stato insieme a Natale, volevo assolutamente vederla prima del parto.
Lo
so: sono uno zio così tenero che mi taglio con un grissino…
È
tutto per oggi, alla prossima!
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