Salve a tutti, benvenuti nel blog avvincente
come una tribuna politica.
Lo so, lo so… la scorsa volta (qui), avevo definito
questo genere di post “assolutamente randomico” e invece eccone uno simile
poche settimane dopo. Non sono un bugiardo, è che cambio idea spesso (almeno su
alcune cose). E se diventasse, invece, un appuntamento fisso? Che ne dite? E
soprattutto, qualcuno leggerà mai questa domanda e mi darà una risposta? Chi vivrà,
vedrà… o male che vada morirà e diventerà un zombi (tanto per restare in tema).
D’altra parte, attualmente seguo The
Walking Dead (ma ho letto solo qualcosa del fumetto) e Il Trono di Spade (ma non ho letto i libri). Preferireste che si
parlasse di questo? Fatemi sapere.
Allora, versiamoci un po’ della
nostra bevanda preferita, mettiamoci comodi e facciamo quattro chiacchiere
sull’ultimo numero di Dylan Dog, Il cuore
degli uomini (spoiler, spoiler e ancora spoiler).
Praticamente tutte le copertine del post sono prese dal sito Cravenroad7 (fateci un salto è interessante)
Prima di iniziare, a tavola 50, il
commissario Carpenter si lamenta del fatto che, neanche con i mezzi a disposizione
di Scotland Yard, è riuscito a scoprire nulla su Groucho, niente di niente,
neanche il suo cognome… ed è vero, giuda ballerino! Sappiamo più cose di Botolo
che di Groucho! Spero che queste due righe, buttate lì quasi in un punto morto
dell’albo, siano il preludio di qualcosa di importante per la spalla comica più
amata dagli italiani!
C'è un universo dietro la maschera!
Tornando a Il cuore degli uomini, non so voi, ma fin dall’anticipazione nel
numero precedente, mi si è inarcato il sopracciglio e le mie aspettative sono
schizzate fuori scala. Il che, ammetto, è spesso e volentieri un male, perché
poi si finisce per non apprezzare il reale valore delle cose. Comprato l’albo,
ho letto l’Horror Club di Recchioni, e ho fatto di nuovo lo stesso errore (sì, lo
so, sono un beota).
A pensarci bene, forse è proprio
questa la forza del Dylan Dog targato Recchioni, può piacere o non piacere, ma,
almeno per quanto mi riguarda, non lascia mai indifferenti. E questo è già un
gran bel risultato.
E allora, Il cuore degli uomini… mi è piaciuto? Sì. È il numero definitivo
sul tormentato rapporto tra DYD e le donne? No. Sì. Forse. Non l’ho ancora
capito…
Andiamo per ordine, se no rischio
di fare un casino. Le considerazioni di Recchioni sono più che giuste. DYD è
convinto di amare tutte le donne che ha avuto nello stesso modo? E anche se ne fosse
convinto, sarebbe la verità? Aggiungo io: e se anche non le amasse tutte allo
stesso modo, sarebbe una colpa? O, almeno, sarebbe una colpa così grave?
La storia si apre con Dylan che
lascia la “ragazza del mese”. E già questo è interessante: l’Indagatore
dell’Incubo viene quasi sempre mollato dalle sue fidanzate, raramente accade il
contrario (ma qualche volta accade, anche con conseguenze nefaste…). Molto
belle anche le didascalie e la prima delle “sequenze oniriche/intimiste” che
accompagnano il lettore per tutta la storia.
All’improvviso, però, arrivato a
tavola 14, mi cade un testicolo: Dylan viene rapito e a poco serve il fatto che
a tavola 21 dica “Non è la prima volta che mi capita”. Mi chiedo: non c’era proprio
un altro modo per dare il via alla storia? Oppure come (forse) nel numero
precedente la trama era meno importante del debutto dell’antagonista, qui è
meno importante del messaggio finale e dell’evoluzione del personaggio? Ci può
stare, che non diventi un’abitudine, però. Ammetto che quando leggo Dylan Dog
divento sceneggiatore, allo stesso modo di come divento allenatore quando
guardo una partita di calcio, ma non c’era un incipit migliore? Nel numero 296,
dal titolo Una seconda occasione, la
storia si apre (anche se la conferma di quanto accaduto si ha solo più avanti),
con la fidanzata del mese che si uccide perché lasciata da Dylan. Qualcosa di simile,
di così forte (cosa di preciso non lo so, ripeto sono un lettore, non uno
sceneggiatore), avrebbe innalzato, a mio parere, il livello de Il cuore degli uomini e fatto venire giù
Hamlin con tutto Safarà e l’intera Zona del Crepuscolo.
Ma ritorniamo a noi. La storia prosegue,
alternando scene di tortura in cui l’aguzzino cerca di estorcere a Dylan i suoi
veri sentimenti nei confronti della figlia a quelle che ho definito “sequenze
oniriche” fino alla piena elaborazione (ma il processo è veramente completo?) da
parte di Dylan, ma forse anche dei lettori, della propria concezione di amore.
Non più il piatto “Le ho amate tutte” forse anche vero, ma… incompleto, bensì
il più complesso, più scomodo, ma sicuramente più reale e maturo “Amo per
essere amato”. Ma, forse, il vero colpo di scena arriva nelle ultime pagine,
quando Dylan, dopo aver fatto l’amore con la sua nuova fiamma, le dice
(apertamente, senza più bisogno di mentire a sé stesso e con una più matura
coscienza dei propri sentimenti), “Mi piaci molto, ma non ti amo”. Ed è quasi
una liberazione sentire Mary dire altrettanto e aggiungere “È una cosa così
brutta se però stiamo bene insieme?”. E penso che ogni lettore abbia dato una
sua risposta alla domanda di Mary che può (e non può) essere uguale a quella
data da Dylan, senza essere giusta o sbagliata a priori.
Ovviamente non mi sono spiegato.
Quella di Dylan, e nostra con
lui, è stata una presa di coscienza, una tappa fondamentale (non certo
l’ultima, spero) di un percorso di crescita, ma non certo una rivelazione. È il
tipico caso in cui il viaggio effettuato è forse più importante della meta
raggiunta. Dylan non era più da tempo l’eterno innamorato cronico senza macchia
e forse non lo è mai stato… Prendo ad esempio alcune delle migliori storie di
Dylan basate sul suo rapporto con le donne (declinato in vari modi,
ovviamente).
Dylan Dog n. 94 – La donna che uccide il passato
Una misteriosa entità uccide le
ex di Dylan e la prima vittima è Kelly Norton, una donna che il nostro aveva
conosciuto solo due giorni prima. Rivolto a lei, Dylan pensa “È stato un
desiderio improvviso, un flash meraviglioso”. Forse un po’ pochino per un lutto
così recente. Il motivo? Semplice, non è stato amore. E non poteva esserlo. O
meglio, non è stato lo stesso amore che Dylan ha provato per altre donne.
Sarebbe stato come paragonare Kelly Norton a Bree...
Albo Gigante n.3 – Marionette (1994)
Storia fantastica. Procuratevela
a qualsiasi costo. Ismaela, una ragazza schiava del rapporto morboso con il
proprio patrigno e che, a causa di questo, prova l’impulso a concedersi agli
uomini che potrebbero aiutarla a realizzare i propri sogni di indipendenza,
chiede aiuto a Dylan. Cosa fa il nostro antieroe al verificarsi, in sua
presenza, di una di queste “crisi”? Porta Ismaela via? Stende con un destro il
viscidone di turno? No. Va via e lascia Ismaela al suo destino. Perché? Perché
è geloso e si sente ferito. Tutto qui. Niente di più “terreno”, altro che amore
idealizzato. Ovviamente, Dylan si pente del proprio gesto, ma niente tornerà
più come prima…
Dylan Dog n. 193 – L’eterna illusione
Mettiamo da parte Dylan per un
attimo. La persona con cui state vivendo una storia d’amore bellissima vi ama
alla follia e vi chiede di andare a vivere insieme perché vuole che costruiate
un futuro insieme, vuole che siate il padre / la madre dei suoi figli, dei
vostri figli… Cosa fate? Siete felici? Avete paura? Tutte e due le cose
insieme, magari… Perché no, sarebbe più che legittimo. Dylan cosa fa? Si fa
prendere dal panico. Con la P maiuscola… e scappa. Certo, torna immediatamente
sui suoi passi, si dice pronto a crescere con Diane (lui, eterno ragazzino), ma
è troppo tardi. L’ha persa per sempre. Fallen, la morte dell’amore, le ha già
strappato dal petto l’amore che provava per lui e anche, Dylan, alla fine sarà
pronto per accogliere dritta nel cuore la gelida lama di Fallen.
Dylan Dog n. 296 La seconda occasione
Dylan e Becky. Ennesima sfuriata
da parte di Becky, ma non è colpa sua. È depressa, depressione bipolare per la
precisione. Dylan, però, è stanco dei suoi continui sbalzi di umore e,
nonostante i suoi sforzi, non riesce neanche a farle prendere le sue medicine.
È una relazione distruttiva e non c’è uscita. O forse sì, per quanto dolorosa:
porre fine alla relazione. Più facile a dirsi che a farsi. Becky è troppo fragile
e, senza mezzi termini, dice all’’Indagatore dell’Incubo che si ammazzerà.
Dylan se ne va… ma è lacerato dai dubbi e dai sensi di colpa: si fa schifo, ma
è consapevole che, con ogni probabilità, una simile relazione avrebbe distrutto
lui e poi Becky. Insomma, il classico caso in cui uno dice “Doveva andare
così”. Afflitto da dubbi e sensi di colpa, Dylan sembra ammettere di non avere la
vocazione da martire (e chi c’è l’ha, in fondo?). Ma alla fine torna,
maledicendo la sua morale… chiedendosi
perché debba innamorarsi ogni volta… ma è davvero così? Se l’avesse amata
veramente, sarebbe andato via? Sta tornando solo per i suoi sensi di colpa? Per
la paura che Becky compia un gesto insano? Non è lecito saperlo. Sta di fatto
che Becky, abbandonata nel momento del bisogno, quando era più fragile, si è
uccisa.
Da questi pochi esempi, Dylan
sembra appare l’ultimo dei vili, ovviamente non è così… così come non è l’eroe
senza macchia e senza paura dall’invincibile morale superiore.
Dove voglio arrivare? Bella
domanda, non lo so neanch’io. Sclavi, in una sua celebra intervista, dichiarò “Io
non sono né Dylan, né Groucho, io sono i mostri”. Personalmente, penso che noi lettori
siamo Dylan (e anche un po’ Groucho).
Siamo Dylan quando ci comportiamo
da eroi in un mondo di menefreghisti.
Siamo Dylan quando siamo
vigliacchi in un mondo di coraggiosi (o presunti tali).
Siamo Dylan quando seguiamo la
nostra morale e non i nostri interessi
Siamo Dylan quando ci malediciamo
perché dovremmo seguire più i nostri interessi che i nostri ideali.
Siamo Dylan quando, con una forza
inaspettata, scaraventa contro un muro la bottiglia per non ricadere nel vizio,
ma anche quando, debole e in preda a crisi autodistruttive, cede alla
tentazione.
E, infine, siamo Groucho quando
indossiamo una maschera che, spesso e volentieri, cela il nostro vero io e ci protegge
dal mondo esterno.
Il problema che questo percorso
di crescita, di maturazione, o di semplici eventi che influiscono sulla vita di
ciascuno di noi (e anche di Dylan) risultava frammentato, anzi annacquato dalla
gestione del personaggio fatta di storie autoconclusive, anzi spesso e
volentieri l’impressione era che ogni numero fosse un universo a sé. Altro
mese, altro numero, altra avventura. Non si può creare una storia come Marionette o come La seconda occasione senza che questa abbia un’eco nelle storie
future, nell’universo del personaggio. Per questo, come ho detto nello scorso
post su Dylan, spero che la gestione Recchioni abbia un respiro più ampio e che
la sua visione del personaggio sia a lungo termine e non limitata al mostro del
mese. Certo, ritornando al Il cuore degli
uomini avrei voluto che questa presa di coscienza di Dylan fosse stata più
graduale e non compressa in un unico numero (e poi, sbaglio o nell’albo non si
fa cenno a nessuna delle altre storie di Dylan, neanche quelle più
importanti?). O forse Recchioni ha voluto tirare le fila del complesso rapporto
tra Dylan e le donne, raccogliendo quanto sparso nei precedenti anni e creando
una sorta di numero zero, conclusivo di una lunga storia e punto di inizio per
tante altre?
Non so voi, ma ancora una volta,
io aspetto con ansia il prossimo numero… Spero che ne vedremo delle belle.
È tutto per oggi, alla prossima!
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