Salve
a tutti e benvenuti nell’Internetturbino: il blog romantico come una calda
notte d’estate con le lucciole…
… Ehm…
Questa
è una storia epica, una storia fatta di
fallimenti e di riscatti… È la storia
di quando ho preparato un dolce per la
prima volta nella mia vita.
1) In una scala delle abilità culinarie che va da 1 a 10,
dove 1 sta per “tagliarsi le vene tentando di aprire una scatoletta di
tonno” e 10 sta per “provocare orgasmi multipli ai
commensali leggendo il menù”, io
mi do un onesto 5, cioè “cucinare senza avvelenare i convitati e/o provocare
loro violenti scompensi intestinali”.
2) Di tanto in tanto, mi piace cucinare per la mia ragazza, cosa
che faccio alternando inspiegabili successi ad ovvi insuccessi.
Quest'anno, per il suo compleanno, ho deciso di tentare qualcosa
di mai tentato prima: preparare un dolce.
Ovviamente, non avendo né le competenze, né gli strumenti basilari
(stampi per torte smontabili e altre amenità) ho deciso di scegliere qualcosa
di facile, ricorrendo (come ogni buon incompetente) all'aiuto del web.
Devo dire che mi sono sentito immediatamente a casa: cercando su Google “Dolci”, tra le ricerche correlate consigliate, compare “facili e veloci” e, proseguendo, “con pochi ingredienti” e “senza forno”.
Cambia poco se cercate “Torte”: i risultati consigliati, infatti, sono “facili e veloci” e “ma buone”.
Google come specchio della società insomma: maniche di incompetenti che improvvisano, sperando di ottenere risultati brillanti con il minimo sforzo (me compreso, ovviamente).
Devo dire che mi sono sentito immediatamente a casa: cercando su Google “Dolci”, tra le ricerche correlate consigliate, compare “facili e veloci” e, proseguendo, “con pochi ingredienti” e “senza forno”.
Cambia poco se cercate “Torte”: i risultati consigliati, infatti, sono “facili e veloci” e “ma buone”.
Google come specchio della società insomma: maniche di incompetenti che improvvisano, sperando di ottenere risultati brillanti con il minimo sforzo (me compreso, ovviamente).
Che
poi, tutti a farsi gli chef di 'sto c***o esaltandosi davanti ai
vari programmi di cucina in tv, sfogando le proprie frustazioni su TripAdivsor e mortificando i camerieri... e poi la maggior parte di loro cerca aiuto sul
web pure per aprire una confezione di biscotti:
Beccati!
Ho optato, allora, per un dolce non solo facile, con pochi
ingredienti e buono…
… accidenti, sono esigente come la
bambina del Buondì…
… ma che non richiedesse nemmeno di usare il forno visto le
temperature da girone infernale degli scorsi giorni.
Semplice, no?
Mica tanto dato che, cercando torte facili da realizzare, i risultati proposti sono più o meno questi:
Rinfrancato dal non aver dato fuoco a niente (e a nessuno) durante la prima fase della ricetta, mi sono dedicato con entusiasmo alla farcitura (panna, colla di pesce e vaniglia in un pentolino).
Cosa fanno le mamme e le nonne quando c’è qualcosa di buono, ma che magari non è più freschissimo ed è troppo brutto da mangiare?
Cosa fanno i grandi chef quando non riescono a fare una ricetta tradizionale? La stuprano e la stravolgono, certo… in una parola: la destrutturano (riuscendo a giustificare, così, porzioni miserrime e prezzi astronomici).
Ecco qualche triste esempio:
E, così, ho finito di mangiare il composto irrecuperabile e ho creato un enorme palla con quello salvabile. Poi, ho fatto delle polpette inserendo pezzetti di pera, pesca e banana e le ho schiaffate in frigo (sperando che si solidificassero un po’) subito seguite dalla farcitura (più per curiosità che per altro, volevo vedere se si sarebbe mai rappresa, quella stronza...).
Mica tanto dato che, cercando torte facili da realizzare, i risultati proposti sono più o meno questi:
Insomma, roba che non riuscirei a fare neanche impegnandomi tutta la vita... comprese eventuali reincarnazioni, naturalmente...
E queste sarebbero le “torte facili e veloci”? Porca
miseria, a vederle mi sono sentito preso un in giro... un po' come la ragazzina cicciona e
bullizzata che, di nascosto, compra la crema Somatoline e ci si immerge dentro…
… sperando di diventare
una turbofregna astrale come la tipa della pubblicità…
Dopo una selezione matta e disperatissima, ho optato per questa fantastica “Crostata senza cottura”:
Carina, dai...!
Bella, facile, pochi ingredienti, niente cottura… peccato per un
piccolissimo problema:
E, sul momento, mi sono pure sentito offeso pensando: "Ma anche un ominide senza pollice opponibile potrebbe realizzare 'sta crostata!"... ceerto
Non restava, dunque, che mettersi all'opera.
Primo passo: la base.
Primo passo: la base.
Niente di più facile, basta scaraventare nel mixer dei biscotti e
azionarlo “fino a ottenere un composto sbricioloso”.
Penso di poter affermare senza dover scomodare l’Accademia della
Crusca che il termine sbricioloso non esiste e … oh, al diavolo si sono detti
possibilisti per “petaloso”, non fanno testo!
Comunque, temendo di esagerare col mixer polverizzando
eccessivamente i biscotti, li ho tirati fuori ancora sminuzzati grossolanamente…
… per poi finirli a colpi
di batticarne (?), prego notare l’impugnatura fiera alla Martello di Thor
In
un altro sito, per una ricetta con una base simile, si consigliava a chi non
avesse sotto mano un mixer, di mettere i biscotti in un sacchetto da
congelatore e schiacciarli con una bottiglia… Per la serie "Se abitate in una caverna e vi esprimete a mugugni e rutti, potete ancora farcela".
Insomma, il più grave sfregio ai danni della sacra arte culinaria…
...Ehm... il secondo più grave sfregio
Dopo
aver avuto la meglio sui biscotti, ho sciolto il burro come indicato nella ricetta, l’ho
mischiato ai biscotti “sbriciolosi”, ho versato il tutto in uno stampo e l’ho
schiaffato nel frigo.
Poi sono andato a dormire: troppe emozioni in una sola sera.
Poi sono andato a dormire: troppe emozioni in una sola sera.
La mattina dopo ho notato con piacere
che la base aveva assunto una rassicurante forma che ricordava un sarcofago egizio (con tanto di maledizione della mummia, ovviamente)
Rinfrancato dal non aver dato fuoco a niente (e a nessuno) durante la prima fase della ricetta, mi sono dedicato con entusiasmo alla farcitura (panna, colla di pesce e vaniglia in un pentolino).
Dal
momento che la ricetta prevedeva di far raffreddare a temperatura ambiente il
composto, ho deciso di alleviare lo stress causatomi da questa titanica
impresa, andandomene per un paio d’ore al mare (ma sì, confermiamo i luoghi comuni sui terroni scansafatiche...).
Tonificato nel corpo e nello spirito dalle crisi isteriche delle mamme in spiaggia, una volta tornato a casa mi sono cimentato nella fase più delicata della ricetta: versare il ripieno nel sarcofago biscottoso.
Tonificato nel corpo e nello spirito dalle crisi isteriche delle mamme in spiaggia, una volta tornato a casa mi sono cimentato nella fase più delicata della ricetta: versare il ripieno nel sarcofago biscottoso.
Col
senno di poi, un disastro annunciato.
Proprio così: cosa
succede quando bagni un biscotto?
Esatto
Sarà
stato il caldo che non ha fatto rapprendere a dovere la crema, sarà che ho aggiunto un
po’ di latte (ma, a mia parziale discolpa, ho compensato con la gelatina) sta
di fatto che, mentre riempivo amorevolmente il sarcofago, ho notato che il livello di panna nel biscotto non accennava
a salire… anzi, diminuiva lentamente, ma inesorabilmente.
Come
mai?
Semplice:
la panna attraversava il biscotto indebolendone la già precaria struttura.
Ad
un tratto, il dramma: una parete del sarcofago ha ceduto, facendo fuoriuscire il
resto della panna... mentre i pezzi di frutta che avevo iniziato a posizionare con tanto
amore andavano tristemente alla deriva.
La
scena mi ha ricordato, più o meno, questa:
Solo molto più triste…
Come
potete vedere, o meglio come potete NON vedere, non ho foto dell’incidente… diciamo che, a differenza dell’inizio
pieno di speranze e di entusiasmo, non ero proprio dell’umore adatto per scattare foto come un avido influencer.
Già
mi immaginavo Cannavacciuolo porre fine alle mie sofferenze a colpi di pacche
tra le scapole…
… e Bastianich insultarmi crudelmente
Insomma, ero assai indeciso sul da farsi…
... Molto indeciso...
Mentre
guardavo attonito il naufragio che si presentava ai miei occhi, non ho
resistito alla tentazione di fare un assaggio… tanto, ormai, il dolce era
compromesso.
Sorprendentemente,
il gusto era buono (quanto l’apparenza disastrosa).
A
quel punto, ho deciso che avrei fatto di tutto per salvare quel dolce… ma come?
Semplice,
ho dato fondo a tutte le mie disastrate conoscenze in cucina in attesa della folgorazione... e il belle è che me ne sono arrivate ben due.
Prima
folgorazione
Cosa fanno le mamme e le nonne quando c’è qualcosa di buono, ma che magari non è più freschissimo ed è troppo brutto da mangiare?
Semplice, polpette.
Di
pane, di melanzane, di carne, di pesce… non c’è limite al potere del polpettamento.
Seconda
folgorazione
Cosa fanno i grandi chef quando non riescono a fare una ricetta tradizionale? La stuprano e la stravolgono, certo… in una parola: la destrutturano (riuscendo a giustificare, così, porzioni miserrime e prezzi astronomici).
Ecco qualche triste esempio:
Parmigiana destrutturata
Tiella riso, patate e cozze destruttur...
E, così, ho finito di mangiare il composto irrecuperabile e ho creato un enorme palla con quello salvabile. Poi, ho fatto delle polpette inserendo pezzetti di pera, pesca e banana e le ho schiaffate in frigo (sperando che si solidificassero un po’) subito seguite dalla farcitura (più per curiosità che per altro, volevo vedere se si sarebbe mai rappresa, quella stronza...).
Poi, ho puntato tutto sull’impiattamento cercando di renderlo il più carino
possibile… un po’ come la più cessa della classe che passa una giornata intera
alla spa prima del ballo di fine anno, sperando che qualcuno la liberi di quel
terribile fardello adolescenziale noto come verginità.
Alla
fine, ho sistemato le “polpette” a montagnola e ho decorato la “crema”, finalmente
solidificata con frutta (la stessa nelle polpette), e imitazioni di smarties.
Il
risultato, alla fine, è stato questo:
Beh, dai, non male... soprattutto considerando che, fino a qualche ora prima, era una poltiglia di biscotto che navigava in una pozza di panna liquida aromatizzata alla vaniglia...
Un
ultimo dubbio.
Come
chiamare questa creatura creazione?
Beh,
fondamentalmente si tratta di una crostata venuta a c***o, scomposta per
cercare di aggirare il fallimento e darle dignità…
Eureka:
l’avrei chiamata...
“Prostata di frutta destrutturata”
Sfortunatamente,
vista la genesi a dir poco problematica del mio capolavoro, pur volendo, non sarei in grado di
ripetervi esattamente il procedimento (errori inclusi) e, tanto meno, le dosi.
Il consiglio che vi posso dare, quindi, è questo: seguite
una ricetta, sbagliatela clamorosamente, appolpettate il vostro fallimento e destrutturate come se non ci fosse un domani.
È
tutto per oggi, alla prossima!
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